sabato 21 marzo 2009

DELLA DECRESCITA (di Daniela Degan)


Vi riporto alcuni spunti sulla questione "Decrescita" esponendovi, oltre alla definizione, la considerazione che si possa vivere senza aumentare. In un altro articolo, che vi invierò in seguito, vi segnalo i quattro livelli su cui agisce il processo della decrescita, come ci è stato spiegato da Serge Latouche, Mauro Bonaiuti ed altri pensatori.

L'argomento ancora studiato e trattato da pochi, tuttavia appare di attualità, vedi per tutto il problema TAV, espressione trasversale delle teoriche economiche novecentesche sviluppiste e che devono essere riviste quanto prima se vogliamo "Sopravvivere allo sviluppo". Il tema si inserisce in un panorama più vasto che comprende anche i temi della Povertà e dello Sviluppo.

DELLA DECRESCITA di Daniela Degan

DEFINIZIONE DI DECRESCITA

“Vivere più semplicemente così che anche gli altri possano semplicemente vivere”

La definizione più bella che ho trovato scritta dal Mahatma Gandhi, consente al nostro immaginario di fare subito un collegamento tra le risorse, molte, predate dei pochi, e quelle che spettano, quando spettano, in misura minima, ai molti. Riequilibrare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, riciclare, eliminare l’abbondanza, ridurre gli oggetti inutili e dannosi per il nostro mondo, non devono essere viste, queste azioni, come un grande sacrificio, ma semplicemente un modo, una maniera per uscire dal meccanismo perverso del consumo per il consumo e consentire alle persone di “sopravvivere allo sviluppo”. Nella società moderna sviluppista abbiamo assistito ad un meccanismo molto semplice dove la dignità dell’uomo decresceva, tanto più cresceva la produttività della “megamacchina” (e naturalmente il profitto delle aziende produttrici, quasi sempre trasnazionali). Ora il movimento della decrescita chiede di invertire la rotta, con l’obiettivo importante dello sviluppo dell’umanità visto come una nuova creatività della vita umana. Ciò che si mette in discussione sono tutti quegli oggetti inutili che il “consumatore” viene stimolato a comprare, ma che sostanzialmente riducono profondamente la sua capacità di assorbire la felicità dall’ambiente circostante.

E’ per tale motivo che preferisco parlare di decrescita felice e anche di sobrietà creativa.

PERCHE’ UN NON SVILUPPO?

Perché la biosfera è un sistema chiuso. Se da un punto di vista economico, nulla si oppone alla crescita continua del reddito, dei consumi e della produzione, per ciò che riguarda i sistemi biologici e gli ecosistemi non si può tendere alla massimizzazione delle variabili, ma anzi questi sono sottoposti a limiti. Le soglie nel mondo biologico non possono essere valicate, il rischio che si corre è mortale. Dobbiamo tenere presente che ogni attività produttiva comporta l’utilizzo irreversibile di energia e come ogni processo umano, a differenza di quelli non umani, fanno aumentare la massa di materiali che entrano nella biosfera, provocando un rigonfiamento della tecnosfera (universo degli oggetti creati) e fanno aumentare l’immissione nell’ambiente delle scorie in quantità e di composizione chimica che le rende non più utilizzabili da altri esseri viventi e dagli stessi umani. Oppure perché lo sviluppo economico non è più sostenibile, perché le risorse a disposizione dell’uomo sono limitate, perché dopo tanti anni ci si è resi conto che l’impronta ecologica non è un esperimento eccentrico di qualche studioso, visto che abbiamo un solo pianeta, ma che viviamo con un ritmo tale da andare ben oltre tale limite. (Stati Uniti d’america: occorrerebbero sei pianeti, per l’Italia quattro pianeti) Dicevo quindi che il mondo è finito, ma Gorge W. Bush dichiara che la “crescita è la chiave del progresso ambientale (…) è la soluzione e non il problema”.

SI PUO’ VIVERE SENZA AUMENTARE?

A questa domanda si può rispondere di si, ma la scelta non deve essere una scelta obbligatoria, deve essere ragionata, pensata e motivata. Il nostro immaginario collettivo è stato per lunghi anni colonizzato dalla società dei Consumi, dalla Economia e dal Mercato. Considerati icone del vivere moderno, il mercato, il consumo, l’economia, hanno in realtà promosso uno stile di vita, generando figli – consumatori “servili e sottomessi” che prescindono dallo sviluppo della persona. La società dei consumi ha modificato i bisogni della popolazione, dando priorità a beni imposti dal mercato, attraverso la pubblicità, ha esposto gli utenti all’abbrutimento davanti alla televisione, ha preferito il mero divertimento al posto di rappresentazioni di carattere culturale, ha consentito l’incremento del consumo di psicofarmaci. Una ricetta prescritta anche ai più piccoli (vedi quello che succede negli Stati Uniti d’America con il Ritalin).

L’Abbondanza, così clamorosamente gestita, ha tuttavia reso minima l’espressione della nostra creatività nella vita umana e quotidiana, delegando anche la felicità all’acquisto incondizionato di merci e prodotti, spesso superflui. Ci si è dimenticati dello sviluppo sociale ed umano, che arricchisce la propria vita interiore e che privilegia la qualità della relazione con se stessi e con gli altri “a detrimento della volontà di possedere degli oggetti che a loro volta” ci possiedono, quasi senza via di scampo. Illich chiama gli oggetti e il mobilio che si continuano a raccogliere nel corso della vita “le stampelle di uno storpio” . Per il benessere dell’umanità si deve quindi cercare di vivere in pace, in armonia con la natura, non cedere alla propria violenza, contrastare la dipendenza alle cose, avendo come fine il raggiungimento della propria forza interiore.

La decrescita deve quindi essere coniugata con la nonviolenza.

I principi di Gandhi sono stati considerati di difficile comprensione, ma la realtà di fondo dipende dal fatto che il pensiero e gli insegnamenti del Mahatma non tollerano la presenza di intermediari o di un sistema centralizzato, e quindi i pianificatori, i manager e i politici si sentono esclusi. Questo aspetto è caratteristico delle economie informali, delle società vernacolari, e nella decrescita.

Scrive Illich in “Nello specchio del passato”: (…) L’uomo comune capisce benissimo che i giusti mezzi portano al giusto fine. Sono solo coloro che hanno un qualche interesse costituito che si rifiutano. I ricchi non vogliono capire. (…) e le loro modalità di consumo li hanno resi ciechi alla verità.”

Testi consigliati.

Libri che vi consiglio di leggere: La Convivialità di IVAN ILLICH (1972) Scritti Corsari P.P. PASOLINI Sobrietà - di Francuccio Gesualdi Decolonizzare l'immaginario - di Serge Latouche Sopravvivere allo Sviluppo - di Serge Latouche Giustizia senza Limiti - di Serge Latouche Obiettivo Decrescita - di Mauro Bonaiuti La decrescita felice di Pallante

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