martedì 19 luglio 2016

Recensione - Alla ricerca del suono perfetto.Una storia della musica registrata (2009), di Greg Milner.

di M. Minetti

Parlerò di un libro letto di recente, Alla ricerca del suono perfetto.Una storia della musica registrata (2009), di Greg Milner, Il saggiatore, 2016.
Pur se scritto alla triste maniera statunitense, come se tutti conoscessimo Jeff, Bob, Asch e Berger... il libro è una miniera di aneddoti interessantissimi e illuminanti che fanno riflettere su quello che è oggi la musica, intesa come il suono della musica.
Dall'invenzione di Edison, alla comparsa del disco per grammofono, passando per il paradiso dell'industria del Disco tra i '40 e i '90, le polemiche sul CD, l'uso del campionamento e l'avvento di ProTools...  Tutto quello che ha modellato il suono delle registrazioni da 100 anni a questa parte e la sua storia commerciale nel paese che ha influito di più su questo processo, gli Stati Uniti.
L'aspetto principale, che porta a mio parere alle più importanti riflessioni, è che da quando le registrazioni sono diventate il modo principale di ascoltare la musica, le persone si aspettano che anche la musica suonata debba assomigliare il più possibile a delle registrazioni.
Si dice: "suona come un disco" , "si sente come un CD" per dire che il suono è molto buono, proprio come "dovrebbe essere".  Ma che ne sappiamo noi di COME DOVREBBE ESSERE?
Io ad esempio suono la chitarra elettrica in un gruppo, per me la musica suona bene quando è come esce da una buona batteria picchiata forte e da buoni amplificatori spinti al livello adeguato da stargli appresso, cioè MOLTO FORTE.  Mia moglie che ascolta solo i cd e la radio pensa che la musica debba suonare molto più bassa, circa al volume di una radio che ti permette anche di parlare, guidare...
E l'abitudine a sentire musica equalizzata per l'LP, o la radio, compressa al massimo per non perdere il dettaglio anche in macchina...  fa di noi degli ascoltatori drogati dalla processazione del suono. Il suono è buono quando è iper compresso, ha la banda di frequenze adatte alla radio FM, ha il fruscio della puntina o la pulizia del digitale, ha i livelli che ci hanno abituato a sentire i più grandi successi degli ultimi 30 anni. Ma chi lo ha detto che la musica suona così?
Solo chi la musica la fa, sa che la musica non suona affatto così. Che l'estensione dinamica può essere estremamente più ampia, che il tempo è molto più variabile senza la quantizzazione, si plasma sul respiro e sull'andamento del brano, che la musica non dura quattro minuti come la facciata di un 45 giri o 3 come un cilindro di Edison... I brani di Fela Kuti durano circa 20 minuti ed è la naturale vita di un brano che si evolve.
Insomma quello che siamo abituati a chiamare musica è un prodotto industriale come MC Donald, ovunque nel mondo ha più o meno lo stesso suono perchè è fatto più o meno con le stesse macchine, imitando le medesime procedure inventate nell'industria dell'intrattenimento mainstream. Batteria, basso, chitarra (fender o gibson?), tastiera in voga (oggi è la nord, ieri la Korg, prima la DX7 e prima ancora l'Hammond o il pianoforte), poi c'è stato ProTools, Logic, oggi Live di Ableton e quei VST che ritrovi in tutte le produzioni di genere, da GuitarRig a MassiveNI o decine di altri.
La riflessione che anche l'autore fa è sull'ascolto. Come viene fruita oggi la musica? Certamente in modo diverso anche dalle stesse persone. Non è un caso oggi valga molto di più l'esperienza del Live (e bisogna vedere appunto quanto è live e quanto no) piuttosto della vendita di supporti. Il live è comunque irripetibile, un atto unico, come uno spettacolo teatrale. Esiste solo mentre si sta compiendo e può evolvere in ogni momento, c'è l'interpretazione, l'errore e il pubblico che fa la sua parte.
Ma anche nel Live ricerchiamo il suono della musica registrata, quella precisione fissata, quel suono elaborato e compresso, quella regia che ci aspettiamo in un video musicale. 
La mia riflessione personale è che proprio nel momento in cui la musica registrata ha perso valore, semplicemente perchè è più facile accedere alle tecniche di registrazione per ampie parti della popolazione in tutto il mondo, questa può diventare strumento di diffusione culturale autonoma, dal basso delle differenti culture che abitano il pianeta. Un utopia di armonia universale alla Ludovico Van Beethoven e senza l'eurocentrismo che la caratterizzava, che oggi è a portata di mano, tutto sta allungarla questa mano e afferrare quello che la musica può ancora offrire, disintossicandoci da ascolti forzati e massificanti.
Io direi che possiamo fare altro, sappiamo fare altro, possiamo avere il coraggio di fare altro.

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