Alle ore 17:30 alla Casetta Rossa, in via
Magnaghi 14 alla Garbatella, il “laboratorio di filosofia
orizzontale”. Gli incontri hanno la durata di 1
ora e sono liberi e gratuiti.
Dopo una pausa concorsuale e elettorale, ritorna il laboratorio dei filosofi della domenica. Oltre alla solita sessione della comunità di ricerca cercheremo assieme di mettere a punto il calendario dei prossimi incontri e delineare qualche ipotesi di tema da affrontare, il come e il perchè.
Relazione:
Visto che la volta scorsa il centro della discussione era stato portato sulle motivazioni del facilitatore, è stato riproposto il brano letto la scorsa volta, in quanto risultava il più adatto all'occasione: un piccolo e agguerrito gruppo di filosofi da strada che ha dimostrato esperienza e capacità di confronto.
I. Kant, Critica della ragion
pratica, Conclusione
Due cose riempiono l’animo di
ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e piú a
lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la
legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e
semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel
trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto
immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal
posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in
cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di
sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del
loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io
indivisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera
infinitezza, ma che solo l’intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche
in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione
non, come là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria. Il primo
spettacolo di una quantità innumerevole di mondi annulla affatto la mia
importanza di creatura animale che deve restituire al pianeta (un
semplice punto nell’Universo) la materia della quale si formò, dopo essere
stata provvista per breve tempo (e non si sa come) della forza vitale. Il
secondo, invece, eleva infinitamente il mio valore, come [valore] di una intelligenza,
mediante la mia personalità in cui la legge morale mi manifesta una vita
indipendente dall’animalità e anche dall’intero mondo sensibile, almeno per
quanto si può riferire dalla determinazione conforme ai fini della mia
esistenza mediante questa legge: la quale determinazione non è ristretta alle
condizioni e ai limiti di questa vita, ma si estende all’infinito.
(I. Kant, Critica della ragion
pratica, Laterza, Bari, 1974, pagg. 197-198)
Domande proposte:
- Qual'è l'interazione tra l'interiorità dell'uomo e il mondo, per Kant?
- L'interiorità dell'uomo è libera?
- E' il mondo esterno che influisce sulla percezione interna o viceversa?
- Qual'é l'atteggiamento giusto per ascoltare la legge morale che è in me?
- Qual'è il rapporto tra i bisogni e l'intelligenza?
- Cos'é la meraviglia?
- Il valore della creatura, aumenta con la morale?
Rilevata in alcune domande una certa affinità, riguardo al tema del rapporto esterno/interno, si è scelto di rispondere alla domanda: L'interiorità dell'uomo è libera?
In un primo intervento viene proposta l'idea che la libertà interiore, per quanto condizionata, è l'esito non scontato di un lungo percorso esistenziale. Si impara (a volte) a conquistare il proprio spazio di libertà dai condizionamenti, dalle proprie credenze, per accedere a delle scelte compiute liberamente in cui decidiamo chi essere.
Una partecipante concorda con questa visione e aggiunge che la forza che spinge a trovare l'esito di questo percorso è quella forza vitale, pulsionale, che è la nostra intelligenza corporea.
Un successivo intervento ribalta la questione: la risposta secca alla domanda è no. L'interiorità dell'uomo non è libera. Intanto non è libera dai bisogni, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, e poi è condizionata dal luogo dal quale si guardano le stelle, l'uomo nasce libero ma è talmente forzato dalla sua natura sociale ad assumere i caratteri della società in cui vive, che parlare di libertà interiore non ha senso.
Viene proposta quindi una riflessione, suggerita dall'osservazione dell'infanzia, la libertà man mano che la si perde, se ne prende coscienza. Più se ne ha, meno si sa di averla, meno se ne ha, più si capisce cosa sia e la si desidera.
Una partecipante propone una suggestione platonica dal mito di Er ne la Repubblica, c'è una dea terribile negli inferi, Ananke, personificazione del destino immutabile.
Il destino degli uomini è segnato ma ognuno ha un demone che lo guiderà nella vita, la libertà dell'uomo è quella di interpretare il proprio demone. (“Parole della vergine Lachesi sorella di Ananke. Anime dall’effimera
esistenza corporea, incomincia per voi un altro periodo di generazione
mortale, preludio a nuova morte. Non sarà un dèmone a scegliere voi, ma
sarete voi a scegliervi il dèmone. Il primo che la sorte designi scelga
per primo la vita cui sarà poi irrevocabilmente legato. La virtú non ha
padrone; secondo che la onori o la spregi, ciascuno ne avrà piú o meno.
La responsabilità è di chi sceglie, il dio non è responsabile” NDR).
L'ultima osservazione propone che la libertà interiore sia consapevolezza e amore, quindi capacità di andare oltre se stessi.
Il facilitatore chiude la discussione facendo osservare che tutti gli spunti forniti, a volte antitetici, forniscono comunque un quadro universale del problema e mostrano come il tema della libertà venga da ognuno affrontato con interesse, ponendo domande simili e tentando risposte universali e molto condivisibili.
Per i prossimi incontri si propone la data del 31 marzo e viene suggerito un percorso di temi filosofici interculturali. Io ho del materiale ma ogni suggerimento è bene accetto.
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