Relazione attività filosofica 28 Aprile 2013-05-03
Dopo la lettura dell'inizio del capitolo " La perfezione imperfetta " tratto da: Paul Watzlawick , La realtà inventata. Contributi al costruttivismo, Feltrinelli, 2008, pp.149 - 151.
Domande Proposte:
- Come uscire dalla tenaglia degli opposti?
- Ma è possibile?
- Perché cercare di uscirne?
- La realtà esiste?
- Perché pensiamo per opposti?
Rilevata in alcune domande più condivise (le ultime) una certa completezza, si è scelto di rispondere alla domanda:
Perché pensiamo per opposti? E quello che non è opposto (sta in mezzo, il grigio tra bianco e nero) è l’imperfezione?
Perché pensiamo per opposti? E quello che non è opposto (sta in mezzo, il grigio tra bianco e nero) è l’imperfezione?
Relazione sintetica:
- pensiamo per opposti per economia, per semplificare. Per cercare di conoscere, per spiegare in modo, sicuramente insufficiente ma rapido.
- Il regno dell’opposto e dell’assoluto è tipicamente la morale, che ha delle origine storicamente religiose. E’ il Dio, attraverso i suoi sacerdoti, che dice questo è buono e questo è sbagliato, specialmente un Dio monoteista.
- Perché gli opposti sono nella natura delle cose. Il pensiero semplicemente riflette l’opposizione che è nelle cose.
- Qual è il contrario della vita? Non è la morte. La morte è un confine, come la nascita di cui è l’opposto, la vita è ciò che sta in mezzo.
- Per cercare di conoscere bisogna uscire dagli opposti e guardare dall’esterno, valutare senza essere coinvolti. Ma, si oppone , non da tutti gli opposti ci si può estraniare, solo da quelli che non ci interessano.
- Riguardo la seconda parte della domanda la risposta è certamente no. Proprio ciò che sta in mezzo, che è come la vita, intesa come somma infinita di tutti gli elementi viventi, rappresenta la perfezione. Ogni elemento è in parte morto, è mortale, è debole, vecchio, malato, è diversamente imperfetto ma l’insieme è perfetto, nel significato che non ha senso giudicare che potrebbe essere migliore. Come la somma delle nostre individualità nella comunità di ricerca non conducono ad una sola, unanime, verità, ma compongono una verità molteplice che contiene al suo interno la differenza, l’incoerenza, e pertanto ha un grado di “perfezione” più elevato del pensiero univoco. Forse anche in questo senso l’autore ha usato il titolo del capitolo “la perfezione imperfetta”. Questo pensiero ha una fortissima carica anti idealistica e porta a riflettere sul ruolo primario che il pensiero idealistico ha nel valutare noi stessi in base ad assoluti e a renderci quindi inadeguati e infelici. Il facilitatore suggerisce che è per questo motivo che ha scelto il brano da leggere.
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