Laboratorio di filosofia orizzontale
Domenica 5 maggio 2013 -H 17: 30
casetta rossa - in via Magnaghi 14 alla Garbatella – Roma
Cogliendo l’occasione delle prossime elezioni comunali
nella nostra città, ci confronteremo del tutto alla pari, all’interno della
comunità di ricerca che si andrà a formare, assieme a chiunque altro abbia
voglia di trovarsi sul posto alle 17;30.
I primi 30 arrivati parteciperanno attivamente alla
sessione di Philosophy
for Community seguendo le indicazioni (per i neofiti che non l’abbiano mai
fatto) che gli verranno fornite sul momento dal facilitatore. Se ci saranno più
persone potranno assistere e gli verranno forniti i materiali
.
L’argomento attorno al quale si parlerà è:
“ democrazia diretta e rappresentanza ”,
ma sarà la comunità stessa a decidere di cosa parlare.
“ democrazia diretta e rappresentanza ”,
ma sarà la comunità stessa a decidere di cosa parlare.
Non c’è bisogno di prepararsi prima, non c’è bisogno di
essere esperti, anzi, l’atteggiamento accademico è assolutamente bandito, sono
vietate le citazioni. Ognuno partecipa al meglio e le sorprese sono assicurate.
L’attività è libera.
Relazione dell'incontro svolto.E' stato letto collettivamenteil seguente testo.
- Che vuol dire libertà assoluta?
- Quale può essere una alternativa alla rappresentanza?
- La natura dell'uomo è egoista o altruista?
- Che relazione c'è tra la felicità del popolo e il ruolo dei rappresentanti?
- L'eliminazione della schiavitù (anche attuale) è un'utopia?
- Che caratteristiche dovrebbero avere i rappresentanti per rappresentare tutte le differenze?
- Perchè al popolo piace essere schiavo?
- Qual'è la forma attraverso cui il popolo esprime i propri bisogni?
- Cos'è il popolo? E come si garantisce la partecipazione di tutti?
Si è scelto di rispondere alla domanda:
- Quale può essere una alternativa alla rappresentanza?
Relazione dell'incontro svolto.E' stato letto collettivamenteil seguente testo.
J.-J.
Rousseau, Il contratto
sociale III, 15
La sovranità non può essere
rappresentata per la medesima ragione per cui non può essere alienata; essa
consiste essenzialmente nella volontà generale, e la volontà non si
rappresenta: o è essa stessa o è diversa, non c'é una via di mezzo. I deputati
del popolo non sono dunque, né possono essere, i suoi rappresentanti, ma
soltanto i suoi commissari: non possono concludere nulla in maniera definitiva.
Ogni legge che il popolo in persona non abbia ratificata è nulla, non è una
legge. Il popolo inglese ritiene di esser libero: si sbaglia di molto; lo è
soltanto durante l'elezione dei membri del parlamento. Appena questi sono
eletti, esso è schiavo, non è nulla. Nei brevi momenti della sua libertà, l'uso
che ne fa giustifica davvero che esso la perda.
L'idea dei rappresentanti è moderna;
essa ci viene dal governo feudale, da quell'iniquo e assurdo governo nel quale
la specie umana si è degradata e in cui il nome di uomo era in disonore. Nelle
antiche repubbliche e persino nelle monarchie, il popolo non ebbe mai
rappresentanti: la parola stessa era ignorata...
Presso i Greci tutto ciò che il popolo
doveva fare lo faceva direttamente: sedeva continuamente in pubblica assemblea
nella piazza. Ma quel popolo viveva in un clima mite, non era avido, i suoi
lavori erano fatti dagli schiavi, la grande questione che lo occupava era la
libertà. Non avendo piú gli stessi vantaggi, come conservare gli stessi
diritti? I vostri climi piú aspri creano piú numerosi bisogni, per sei mesi
all'anno non è possibile tener sessione nella pubblica piazza, i vostri
linguaggi sordi non possono venire intesi all'aria aperta, voi vi preoccupate
piú del vostro guadagno che della vostra libertà e temete assai meno la
schiavitú che la miseria.
E che! la libertà non si conserva se
non con l'aiuto della schiavitú? Forse è cosí, i due estremi si toccano. Tutto
ciò che non è naturale ha i suoi inconvenienti e la società civile piú di ogni
altra cosa. Vi sono talune posizioni sfortunate in cui non si può conservare la
propria libertà se non a spese di quella altrui, e in cui il cittadino non può
esser perfettamente libero se lo schiavo non è ridotto alla piú estrema
schiavitú. Tale era la posizione di Sparta. Quanto a voi, popoli moderni, non
avete schiavi, ma lo siete voi stessi: pagate con la vostra libertà quella
degli schiavi. Avete un bel vantare questa diversità di situazione: io trovo in
essa piú viltà che umanità.
Non intendo dire con questo che occorra
avere degli schiavi né che il diritto di schiavitú sia legittimo, ché anzi ho
dimostrato il contrario. Espongo soltanto i motivi per cui i popoli moderni,
che si credono liberi, hanno dei rappresentanti mentre i popoli antichi non ne
avevano. Comunque sia, non appena un popolo si dà dei rappresentanti, esso non
è piú libero, non esiste piú. (Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XV, pagg. 908-909)
Quindi dai presenti sono state poste le seguenti domande:
- Il popolo può autogestirsi in maniera democratica?- Che cos'ha in più la libertà assoluta rispetto a una libertà delegata ai rappresentanti?- Che vuol dire libertà assoluta?
- Quale può essere una alternativa alla rappresentanza?
- La natura dell'uomo è egoista o altruista?
- Che relazione c'è tra la felicità del popolo e il ruolo dei rappresentanti?
- L'eliminazione della schiavitù (anche attuale) è un'utopia?
- Che caratteristiche dovrebbero avere i rappresentanti per rappresentare tutte le differenze?
- Perchè al popolo piace essere schiavo?
- Qual'è la forma attraverso cui il popolo esprime i propri bisogni?
- Cos'è il popolo? E come si garantisce la partecipazione di tutti?
Si è scelto di rispondere alla domanda:
- Quale può essere una alternativa alla rappresentanza?
La discussione si è aperta con diverse posizioni inconciliabili. C'è chi mette in dubbio che la partecipazione diffusa alle decisioni sia un bene. Come si può affermare che la maggioranza abbia gli strumenti culturali e teorici per prendere le decisioni migliori? Meglio una dittatura illuminata, mettiamo di un Gesù, che risolva i problemi guidato da una intelligenza superiore.
Ecco rispondere che l'alternativa alla rappresentanza potrebbe essere l'anarchia ma si ammette che questa soluzione è utopica, quindi non praticabile, le persone sono troppo immature per fare a meno delle istituzioni.
Una ragazza propone un modello di autogoverno territoriale basato su piccole comunità federeate che per la loro piccola dimensione siano in grado di praticare la democrazia diretta e, grazie ad internet, a mettere in rete con le altre comunità territoriali, gli esiti delle decisioni, come un network dell'autogoverno. Resta il problema della rete internet, come proteggersi da hacker che rubano le identità e manipolano i dati falsando le decisioni? Inoltre si obietta che basare la democrazia diretta sull'uso di piattaforme informatiche taglia fuori ad esempio gli anziani e comunque tutti quelli che non hanno una alfabetizzazione digitale. Qualcuno ribatte che anche gli anziani usano internet, possono imparare a farlo e comunque anche il voto cartaceo viene manipolato ad esempio quando anziani o persone ingenue e poco informate vengono convinte a votare in un certo modo da familiari, con informazioni distorte.
La discussione si fa accesa, come per la politica spesso si manifesta, e diventa complesso mantenere un ordine tra gli interventi. L'attenzione viene portata sull'egoismo e l'interesse dei rappresentanti unito ad una ineliminabile autoreferenzialità. Come nella riunione di condominio, il convivente incaricatosi di portare certe istanze dell'altro nell'assemblea, segue poi il sentimento personale e parla di tutt'altro, così il politico eletto abbandona presto i cavalli di battaglia del programma elettorale per una prassi del tutto appiattita sul realismo e le alleanze più inconfessabili (es. la "sinistra" al governo e le guerre in Kossovo, Iraq, Afganistan..). Un partecipante, porta l'esempio di Cuba, che conosce bene, dove l'azione di governo è teoricamente ispirata al Marxismo, quindi a dei principi di giustizia sociale, libertà, emancipazione dei più umili, e questi principi teorici ammirevoli si trasformano nella diddtatura personale e militare di una elite che fa solo i suoi interessi.
Il problema è lì: l'uomo è altruista o egoista? E' egoista, sicuramente, da qui non si sfugge. Tutti su questo sembrano concordare ma si cerca una via d'uscita.
Che visione dell'uomo e della politica vogliamo consegnare alle giovani generazioni che vogliono fare politica? A chi pensa che si possa fare qualcosa per cambiare, in meglio, l'esistente? Forse, posto anche che l'uomo è egoista, rimane l'obiettivo di rendere le persone più felici, perchè questo rende più felice ognumo di noi.
Un intervento riporta la discussione sul tema della rappresentanza con una analisi del problema. La rappresenzanza è uno strumento attraverso cui creare una catena di decisioni. Di come i rappresentanti usino il potere che gli è stato conferito, in questa valutazione, non dovrebbe interessare.
Il problema a cui ci si accingeva a rispondere è: questo sistema di rappresentanza è utile? E' un buono strumento? Va conservato o superato?
In effetti, il dibattito sulla rappresentanza, spesso si limita a dei giudizi di valore sulla qualità dei rappresentanti, ma non mette in discussione l'istituzione della rappresentanza in sé.
Anche se tutti i rappresentanti politici delle varie assemblee istituzionali fossero dei criminali, dei bugiardi, dei corrotti, degli incapaci, questo non dimostrerebbe che la rappresentanza politica non funziona, bensì soltanto che il popolo italiano sceglie dei rappresentanti di pessima qualità. Come si dice: "ognuno ha i governanti che si merita".
Il facilitatore chiude la sessione osservando che, seppure non si sia assolutamente riusciti a dare una definitiva risposta alla questione, l'esperimento è perfettamente riuscito in quanto ogni partecipante ha potuto vivere la difficoltà di praticare la democrazia partecipativa. Ognuno ha difeso le proprie idee contro le altre, spesso non rispettando i turni di parola, e, a differenza di quando si affrontano tematiche più "filosofiche", le teorie non si sono integrate bensì sono rimaste identiche, le une contro le altre. Posto che oggi noi avessimo dovuto decidere legislativamente "come superare la democrazia rappresentativa", bè dovremmo ammettere che non ci siamo riusciti. Se vogliamo una democrazia partecipativa, quindi più "diretta", dobbiamo imparare a risolvere queste questioni collettivamente arrivando a soluzioni condivise e non tra esperti, ma proprio tra noi che siamo una parte, e nemmeno troppo eterogenea della società italiana.
Ecco rispondere che l'alternativa alla rappresentanza potrebbe essere l'anarchia ma si ammette che questa soluzione è utopica, quindi non praticabile, le persone sono troppo immature per fare a meno delle istituzioni.
Una ragazza propone un modello di autogoverno territoriale basato su piccole comunità federeate che per la loro piccola dimensione siano in grado di praticare la democrazia diretta e, grazie ad internet, a mettere in rete con le altre comunità territoriali, gli esiti delle decisioni, come un network dell'autogoverno. Resta il problema della rete internet, come proteggersi da hacker che rubano le identità e manipolano i dati falsando le decisioni? Inoltre si obietta che basare la democrazia diretta sull'uso di piattaforme informatiche taglia fuori ad esempio gli anziani e comunque tutti quelli che non hanno una alfabetizzazione digitale. Qualcuno ribatte che anche gli anziani usano internet, possono imparare a farlo e comunque anche il voto cartaceo viene manipolato ad esempio quando anziani o persone ingenue e poco informate vengono convinte a votare in un certo modo da familiari, con informazioni distorte.
La discussione si fa accesa, come per la politica spesso si manifesta, e diventa complesso mantenere un ordine tra gli interventi. L'attenzione viene portata sull'egoismo e l'interesse dei rappresentanti unito ad una ineliminabile autoreferenzialità. Come nella riunione di condominio, il convivente incaricatosi di portare certe istanze dell'altro nell'assemblea, segue poi il sentimento personale e parla di tutt'altro, così il politico eletto abbandona presto i cavalli di battaglia del programma elettorale per una prassi del tutto appiattita sul realismo e le alleanze più inconfessabili (es. la "sinistra" al governo e le guerre in Kossovo, Iraq, Afganistan..). Un partecipante, porta l'esempio di Cuba, che conosce bene, dove l'azione di governo è teoricamente ispirata al Marxismo, quindi a dei principi di giustizia sociale, libertà, emancipazione dei più umili, e questi principi teorici ammirevoli si trasformano nella diddtatura personale e militare di una elite che fa solo i suoi interessi.
Il problema è lì: l'uomo è altruista o egoista? E' egoista, sicuramente, da qui non si sfugge. Tutti su questo sembrano concordare ma si cerca una via d'uscita.
Che visione dell'uomo e della politica vogliamo consegnare alle giovani generazioni che vogliono fare politica? A chi pensa che si possa fare qualcosa per cambiare, in meglio, l'esistente? Forse, posto anche che l'uomo è egoista, rimane l'obiettivo di rendere le persone più felici, perchè questo rende più felice ognumo di noi.
Un intervento riporta la discussione sul tema della rappresentanza con una analisi del problema. La rappresenzanza è uno strumento attraverso cui creare una catena di decisioni. Di come i rappresentanti usino il potere che gli è stato conferito, in questa valutazione, non dovrebbe interessare.
Il problema a cui ci si accingeva a rispondere è: questo sistema di rappresentanza è utile? E' un buono strumento? Va conservato o superato?
In effetti, il dibattito sulla rappresentanza, spesso si limita a dei giudizi di valore sulla qualità dei rappresentanti, ma non mette in discussione l'istituzione della rappresentanza in sé.
Anche se tutti i rappresentanti politici delle varie assemblee istituzionali fossero dei criminali, dei bugiardi, dei corrotti, degli incapaci, questo non dimostrerebbe che la rappresentanza politica non funziona, bensì soltanto che il popolo italiano sceglie dei rappresentanti di pessima qualità. Come si dice: "ognuno ha i governanti che si merita".
Il facilitatore chiude la sessione osservando che, seppure non si sia assolutamente riusciti a dare una definitiva risposta alla questione, l'esperimento è perfettamente riuscito in quanto ogni partecipante ha potuto vivere la difficoltà di praticare la democrazia partecipativa. Ognuno ha difeso le proprie idee contro le altre, spesso non rispettando i turni di parola, e, a differenza di quando si affrontano tematiche più "filosofiche", le teorie non si sono integrate bensì sono rimaste identiche, le une contro le altre. Posto che oggi noi avessimo dovuto decidere legislativamente "come superare la democrazia rappresentativa", bè dovremmo ammettere che non ci siamo riusciti. Se vogliamo una democrazia partecipativa, quindi più "diretta", dobbiamo imparare a risolvere queste questioni collettivamente arrivando a soluzioni condivise e non tra esperti, ma proprio tra noi che siamo una parte, e nemmeno troppo eterogenea della società italiana.
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